Il Partito Nazionale Fascista (sigla PNF) fu il partito politico italiano espressione del movimento fascista.
Nato nel 1921 dalla fusione tra i Fasci italiani di combattimento e l'Associazione Nazionalista Italiana, guidò la cosiddetta rivoluzione delle camicie nere che portò, nell'autunno del 1922, Benito Mussolini a divenire presidente del Consiglio dei ministri e, tra la metà e la fine degli anni '20, diventò, prima de facto poi de jure, il partito unico del Regno d'Italia fino alla caduta del regime fascista nel luglio del 1943.
L'organo ufficiale del partito era Il Popolo d'Italia, quotidiano fondato da Mussolini nel 1915.
Storia del partito
l PNF fu fondato a Roma il 7 novembre 1921 per iniziativa di Benito Mussolini come evoluzione in partito del movimento dei Fasci Italiani di Combattimento - fondati, sempre da Mussolini, a Milano, in piazza San Sepolcro, il 23 marzo 1919 - unita alla sua fusione con il movimento nazionalista.
Dopo la marcia su Roma del 28 ottobre 1922, Mussolini fu incaricato dal re Vittorio Emanuele III di formare un nuovo governo. Il primo governo Mussolini fu un governo di coalizione sostenuto da una maggioranza composta dal Partito Popolare italiano e da altri gruppi di estrazione liberale. In seguito alla modifica della legge elettorale in senso maggioritario, il PNF ottenne una netta maggioranza alle elezioni politiche dell'aprile 1924, duramente contestate dalle opposizioni, che ne denunciarono le irregolarità: si ricorda il caso Giacomo Matteotti, che dopo aver denunciato i brogli, fu di lì a poco assassinato; il 3 gennaio del 1925 Mussolini, con un discorso alla Camera dei deputati,dichiarò provocatoriamente di assumersi la responsabilità storica di quanto accaduto, promettendo di chiarire la situazione nei giorni immediatamente seguenti. Infatti, fu celebrato un processo per il delitto Matteotti a carico di alcuni estremisti fascisti che furono condannati. Nel dopoguerra il processo sarà riaperto con gli stessi imputati, le conclusioni saranno simili e mai nessuno ha accertato responsabilità dirette e penali di Benito Mussolini nel delitto Matteotti. Per alcuni storici, come Indro Montanelli, le responsabilità di Mussolini, furono solo di natura morale. Il PNF fu l'unico partito ammesso in Italia dal 1928 al 1943, dopo l'emanazione delle leggi eccezionali e dotandosi di un proprio Statuto.
Il partito si dissolse con l'arresto di Mussolini (25 luglio 1943) e la conseguente caduta del regime fascista. Il 27 luglio il nuovo governo di Pietro Badoglio decretò ufficialmente lo scioglimento del PNF.
Liberato dai tedeschi il 10 settembre, Mussolini costituì il 13 settembre un nuovo Partito Fascista Repubblicano ("PFR") e un nuovo stato, la Repubblica Sociale Italiana (RSI, detta anche Repubblica di Salò), nella parte d'Italia ancora occupata dai tedeschi. Segretario del PFR fu nominato il 15 settembre Alessandro Pavolini. A Milano era già stato ricostituito il 13 settembre da Aldo Resega, che ne fu anche il primo commissario federale.
Il PFR cessò la sua esistenza con la morte di Mussolini e con la fine della Repubblica di Salò (28 aprile 1945).
La Costituzione della Repubblica Italiana, nelle Disposizioni transitorie e finali, vieta tuttora "la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista" (Disposizione XII). Ciò nonostante, nell'immediato dopoguerra venne fondato il Movimento Sociale Italiano (MSI) che, oltre ad ispirarsi esplicitamente ai valori fondanti della RSI, aveva fra i propri membri numerosi quadri dirigenti del PNF e del PFR.
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